Morfisa (o l'acqua che dorme) by Antonella Cilento

Morfisa (o l'acqua che dorme) by Antonella Cilento

autore:Antonella Cilento [Cilento, Antonella]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788852084775
Google: IRhEDwAAQBAJ
editore: Edizioni Mondadori
pubblicato: 2018-01-23T10:30:52+00:00


13

«Nu successone, è ’o vero?» mormorò a fior di labbra Eufemia facendo l’occhiolino a Teofanès, muto per la vergogna e rosso fino alla punta dei capelli: i femminielli, all’alba, si erano sparsi nei campi dopo aver dormito nella stanza dei sogni e ora vagavano ebbri sotto l’azzurro cielo della montagna. Ogni volta che passavano davanti alla porta spalancata della chiesa si affacciavano, ridacchiando, ora con una scusa, ora con un’altra, a salutare il poeta con un frullare veloce di dita. Aveva perduto la sua non più fresca verginità numerose volte durante l’orgia notturna, non ricordava bene né con quanti, né con chi.

«’Sta storia adda ferni’: ’e Normanne so’ trasute ’e sicco e se stanno mettenno ’e chiatto!» concionava, nel frattempo, Nilo monaco. Di fronte a lui, sotto l’iconostasi, erano seduti anche Morfisa ed Eughènio. Avevano tutti ascoltato il racconto delle tre visioni avute da Teofanès. «Non si può più rimandare, dobbiamo andare mo’ mo’ a Napoli!»

«’A strada è longa e perigliosa. ’A Marunnella c’ ’a po’ fa’?» obiettò Eufemia lanciando uno sguardo alla pancia di Morfisa, sorridendole e facendosi il segno della croce alla greca.

Nilo tagliò corto: «Si doie Sibille anziane so’ morte e la Maronnella sta qui, l’urtemo libro è in pericolo, la città cade da nu momento all’autro…».

«Ma come possiamo salvare un Ducato intero noi da soli? Come riprendiamo la città?!» protestò pavido Teofanès, che da un lato non vedeva l’ora di tornare a Napoli e riprendere la via di Costantinopoli, dall’altro non desiderava essere coinvolto in violenze, ma voleva a tutti i costi restare accanto a Morfisa e all’uovo per le ormai note ragioni.

«’A Maronna c’accumpagna! Napule è nuosta, nun’è né d’ ’o papa, né d’ ’e straniere!» proclamò Eufemia.

Il poeta mugugnò: «All’assalto con un esercito di sante femmine…».

Eufemia si voltò, provocatoria, mettendosi i pugni nei fianchi: «Mo’ stu bizantino tene a dicere ncopp’ ’e vergini, ma stanotte nce piaceva ’e…».

Nilo tentò di interrompere la lite mentre Teofanès avvampava, ma Eufemia protestò: «Spurtigliò, stai danno ricetto a nu senzadio… Nu senzadio ca però nce piace ’o…».

Teofanès s’incurvò di vergogna.

«Su, su, è solo nu poco cacasotto» ricusò il monaco. E poi, rivolto al poeta: «La bella Marunnella è una santa antica, anche se è piccerella. Tu capisci, bizzantì, che se togli alla città tutte le sue protezioni quella poi se ne cade? E io tengo una responsabilità. Non ci stanno anche i tuoi soldati imperiali nel porto?».

«Non so…» rifletté Teofanès.

Lo sperava, ovviamente, ma la carpa gli aveva mostrato la richiesta di Artemio Coniata di restare altre due settimane, non due mesi.

E se la Calipso fosse ormai tornata indietro? I vergini, però, dovevano saperlo.

«La mia nave, il dromone, e il suo navarca sono ancora in porto?» chiese speranzoso a Eufemia.

«Chillu bellu strategòs… Ha fatto storie e nun se n’è gghiuto. S’è ’nnamurato della cognata tosta…»

«Chi, Blactu?» sgranò gli occhi Teofanès, immaginando a fatica l’austero generale fra le braccia della terribile Isaurica.

A Eufemia venne un’idea: «Si v’accunciate comme a nuie, v’accumpagnammo!».

Eughènio si voltò a guardare prima il vergine e poi Nilo monaco.



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